Opinioni. Considerazioni sull’informazione

Elio Giunta
di Elio Giunta

Il clamore che si è avuto prima e dopo la recente consultazione sul Referendum, consente tra le tante riflessioni, anche quella sulla funzione e quindi sulla condizione dell’informazione. Cioè quali sono oggi le sue caratteristiche, quale il suo peso. Infatti l’esito della consultazione popolare è stato giudicato scioccante, specie da parte dell’interessato, cioè Renzi, mentre dei dati obiettivi dovevano farglielo ritenere quasi scontato. L’eccesso di occupazione dei mass media da parte sua, cioè la fiducia in una forza determinante di essi, lo hanno ingannato, gli hanno oscurato i dati d’insoddisfazione sul suo operato. E’ stato un caso di celebrazione del virtuale smascherato dall’emersione del reale. Dunque se ne deduce che l’informazione ampiamente delegata agli strumenti televisivi oggi non dà garanzie di verità, non esprimendo ciò che in effetti cova nella realtà. E’ il dato proveniente dalla sopradetta vicenda che merita la dovuta attenzione. Viviamo l’epoca della comunicazione facilitata al massino, alla cui base però non c’è in genere la valutazione riflessa; c’è il lampo hic et nunc, inteso più a colpire che a capire: oggi vige un’informazione che obbedisce alle esigenze visive, volte allo spettacolo provvisorio dell’accaduto, ma che ha cessato di far parte della cultura come unità di cronaca e giudizio.
Non per nulla alla stregua di questo concetto, oggi i giornali hanno quasi del tutto abolito la terza pagina, il famoso spazio opinionistico della stampa di qualità che soleva fornire il quadro commentato su evenienze e curiosità, indizio della tenuta culturale del tempo. Ed era la terza pagina di quando erano giornalisti degli scrittori come Svevo e Borgese, Prezzolini e Montale, Bilenchi, Moravia, Buzzati, Pasolini e così via. Oggi ci sono pure gli scrittori che si prestano alla stampa, in qualche tentativo di terza pagina, ma sanno di non servire l’informazione in sé, cioè non tengono in conto di rivolgersi ad un pubblico generico da catturare; anzi sembra che si servano piuttosto dello spazio informativo, concesso loro per sfizio accademico, abusandone per lo più con la libera prolissità tipica di un’età da giornalismo senza obiettivi e senza rigore di scelte. Evitiamo di fare i nomi.
E così veniamo all’altro problema, quello che caratterizza oggi l’informazione cartacea. Essa non ha obiettivi perché non le sono concessi. L’imprenditoria che sovvenziona il giornale non esprime un’idea programmatica di una determinata azienda autonoma, cioè un’idea identificabile come un suo prodotto; essa è per lo più il tramite di un potere che sovvenziona e che è soprattutto potere politico. Pertanto il giornalista oggi è per lo più un esecutore condizionato che si serve di strumenti di comunicazione appena disponibili, sempre più economicamente poveri e marginali. Tutto sommato per l’informazione oggi si è fatto più credibile il blog.
E questo spiega la vasta crisi del giornalismo professionistico, indice di una crisi di cultura epocale, ove tutto è usa e getta, anche a fronte del senso e delle ragioni profonde dell’accadere.
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