Posto fisso, dimissioni o precariato? Tra le tre scelgo la quarta
Ottengono migliaia di condivisioni, raccolgono centinaia di testimonianze, stimolano il dibattito e i desideri. Di cosa parlo? Degli articoli che evidenziano un fenomeno che avanza: le dimissioni “in massa” dal posto di lavoro, dal posto fisso… alla ricerca di un impiego migliore. Hanno un appeal così forte tra il pubblico, tra i lettori, tra gli utenti della Rete e dei social, perché in tanti coltivano rabbia nei confronti dei propri capi e avrebbero voglia di urlare al mondo l’inadeguatezza dei superiori. Si sentono schiacciati da un sistema che difficilmente premia merito e talento. Le grandi industrie, le piccole e medie imprese, si reggono su un principio: ogni posizione conquistata in azienda nello scacchiere dirigenziale va mantenuta fino alla fine della propria carriera. Il cursus honorum è stato svilito e ha preso il suo posto il “cursus culorum“. Si raggiunge una posizione per eventi accidentali, improvvisi, spesso immotivati, immeritati… per c… insomma. Il sistema dirigenziale appare, quindi, chiuso, senza possibilità di rotazione. Come nella politica, così nelle aziende. Le poltrone favoriscono ovunque l’avanzamento delle radici. Ed è meglio porre accanto a sé piante simili o per lo meno non invasive che possano togliere il terreno attorno.
Dall’altra parte il fenomeno delle dimissioni dal posto di lavoro è bello e condivisibile se mira al miglioramento della propria posizione e formazione. Ma questo fenomeno fa i conti con delle contingenze che non possiamo ignorare. Un mercato del lavoro sempre più volatile. Un precariato che avanza. E, soprattutto, un sistema che si rivela inadeguato a movimentare ed esaltare competenze e specializzazioni.
Eppure tra posto fisso, dimissioni e precariato c’è di mezzo un mare immenso, indefinito. Io preferisco bagnare i piedi nelle acque calme del buonsenso. Quelle che consentono di non dimenticare i vantaggi di un contratto, l’applicazione di regole precise, il rispetto del professionista, del lavoratore e della persona.
Forse il problema non è il posto fisso, ma chi si fissa sul posto.