#Diprecariatosimuore… ce n’eravamo accorti: i precari sono già morti
Perdonate l’accostamento. Ma non trovo di meglio a livello di citazione e metafora letteraria – lo so, sono messo male – per definire una situazione che assume sempre di più i contorni del surreale. Ricordate il geometra Luciano Calboni? E’ il collega d’ufficio di Fantozzi. Un tizio astuto e fortunato. Strappa costantemente al personaggio interpretato da Paolo Villaggio il sogno proibito, la signorina Silvani. Calboni ha quasi sempre la meglio. E discussioni animate si concludono con un appellativo rivolto da Calboni a Fantozzi: “Puccettone“. Ricordiamo poi che Calboni è lo stesso tizio che soffre di ventilatio intestinalis putrens, che gli provoca tremende flatulenze. Ovviamente ad essere incolpato dei cattivi odori è sempre il povero Fantozzi Ragionier Ugo – matricola 1001/bis.
Una foto scattata dal collega Giancarlo Macaluso e pubblicata stamattina su Twitter risveglia in me un pensiero che da tempo ormai tento di rimuovere. Ma non ci riesco.
In piazza della Rotonda, a #Roma per salvare #Inpgi che garantisce l’autonomia dei giornalisti#diprecariatosimuore #scioperogenerale pic.twitter.com/0WOvxVqwOl
— Giancarlo Macaluso (@GiancaMacaluso) December 18, 2019
Oggi la Federazione nazionale della Stampa italiana ha organizzato un sit-in in piazza della Rotonda (Pantheon), a Roma. Il Consiglio nazionale della Fnsi, convocato per la mattinata, ha iniziato i propri lavori in piazza per denunciare il tentativo di colpire l‘Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani per colpire l’autonomia della professione. L’iniziativa è aperta a tutti, giornalisti e associazioni che hanno a cuore la libertà di informazione e il diritto dei cittadini ad essere informati.
Oggi viene tirata in ballo la parola precariato. E provo rabbia. C’è un errore in quel foglio fotografato da Giancarlo. #DiPrecariatosonomorti – e in migliaia – dovevano scrivere. Sì, perché il precario è già morto sotto i colpi del contratto a tempo determinato con limitazione di mesi, sotto i colpi degli effetti nefasti del decreto dignità. Sotto i colpi della indifferenza e insofferenza di un sistema editoriale che si fa forte sui deboli. I precari sono già morti. E da tempo. Le aziende, per i paletti posti dallo Stato, hanno risolto il problema attuando un ricambio generazionale.
Ed è così che la foto con la scritta #diprecariatosimuore mi fa sorridere amaramente. E mi porta a vedere questa nostra folle categoria come se fosse l’Ufficio Sinistri descritto nei libri di Paolo Villaggio. Attenzione, non siamo di fronte a una contrapposizione tra buoni e cattivi. Anche perché dalle divisioni all’interno di una categoria professionale ad avere la meglio è sempre il Megadirettore Galattico Duca Conte Balabam. Di certo ci sono i Calboni, così come i Fantozzi.
Eppure il sindacato della Megaditta ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica nel tempo avrebbe dovuto difendere con più forza e presenza i giovani colleghi, ponendo un freno a quelle forme di lavoro che sono a tutti gli effetti assimilabili a un contratto. Con la stessa forza, costanza e impegno con cui oggi – giustamente – si lotta per la difesa dell’autonomia della professione. E forse, anche per questo, la parola precario è un abuso. Oggi la forza maggiore è in quella parte che contratto non ha ma che ha in mano la libertà di informazione. Oggi precari, collaboratori producono una percentuale notevole di notizie, informazioni… ma a quale costo? Ecco, perché i precari sono anche coloro che hanno causato l’abbassamento del costo del lavoro. Colpa loro se si sono offerti per poco sul mercato. Ops… è scappata una flatulenza a Calboni… macché è colpa di Fantozzi.