Chiude Siciliainformazioni. Ne dà l’annuncio su Facebook il suo direttore Salvatore Parlagreco, colui che questa testata giornalistica l’ha immaginata, messa in piedi, curata e accudita fino alla fine. Il “necrologio” della fine di un giornale su un social appare quasi come una beffa. Ma tant’è, segno dei tempi. Quello spazio che ha messo in crisi l’informazione e la comunicazione giornalistica diventa il canale principale di comunicazione con il resto del mondo. Ed è lì che, appese ad un post, ci sono emozioni che scivolano velocemente sino al like di chiusura. Non siamo di fronte alla chiusura di un quotidiano on line qualsiasi. In questo ultimo decennio abbiamo assistito al proliferare di giornali e alla loro implosione nel giro di pochissimo tempo.
Siciliainformazioni non era un quotidiano come tanti. E’ stato il primo giornale nativo digitale. Senza una testata cartacea alle spalle. Senza la forza di un gruppo editoriale o imprenditoriale. E’ stato, possiamo semplicemente dire, il primo in Sicilia. Il primo giornale on line per community, primo per innovazione tecnologica, primo per spirito di osservazione politica e sociale.
Con Siciliainformazioni ho collaborato. Seppur per un breve periodo, ho accompagnato alcune fasi importanti di questa realtà che stento, ancora a oggi, a immaginare spenta. Siciliainformazioni ha portato avanti una informazione che si riassume nel pay off: looking deep, looking far. Quasi in modo profetico, Salvatore Parlagreco ha riassunto quello che possiamo definire il dharma del giornalismo contemporaneo. Non ci si può più fermare ai fatti sul web. Bisogna approfondire i fatti, dare scenari, retroscena e prospettive. Bisogna essere interpreti del tempo con competenze e specializzazioni.
Siciliainformazioni è stata anche una piattaforma sperimentale. Nel 2009 si è messa in piedi la prima webtv regionale: Meditv.eu. Un tentativo di fare sintesi tra l’on demand e gli eventi in diretta. La politica, il Vinitaly, manifestazioni e cortei… tutto raccontato in un flusso streaming in cui si alternavano anche trasmissioni in diretta dalla redazione. Sì, perché Siciliainformazioni è stata la prima a raccontare la vita all’interno di una redazione. Ogni venti minuti c’era un aggiornamento fatto in tempo reale.
Accanto c’era poi la testata Italiainformazioni (che guardava ai fatti di politica nazionale) e i portali in lingua inglese (NowItaly) e spagnola (AhoraItalia) che schiacciavano l’occhio agli emigrati di seconda e terza generazione. Una mano testa oltreoceano a coloro che volevano restare in contatto con la propria terra ma ignari della lingua italiana.
Siciliainformazioni quotidianamente realizzava anche un radiogiornale che, attraverso una partnership con PrimaRadio, veniva trasmesso nelle province di Palermo e Trapani.
Totò Parlagreco è un visionario che ha scommesso tutto su una pagina di giornalismo digitale che non finirà nel dimenticatoio. La chiusura di Siciliainformazioni è, infatti, un segnale cui tutti devono guardare con attenzione. Per andare avanti è necessario rinnovarsi. Il mondo del giornalismo digitale regionale avanza a fatica alla ricerca di una identità. Siciliainformazioni, come altri pochi competitors storici, aveva personalità. Era conosciuto, riconosciuto e cercato. Attorno si era creata una community forte. Il processo di fidelizzazione con gli utenti partiva proprio dai contenuti. C’era un confronto attivo e continuo. E il brand segnava l’appartenenza ad un modo di conoscere e leggere i fatti. Il tutto è stato sventrato nel tempo dal galoppante inserimento dei social network. Uno spostamento, continuo ed esponenziale, verso i social che ha frammentato la platea di lettori.
Dal momento in cui è stata diffusa la notizia della chiusura di Siciliainformazioni, in tanti si sono immersi nella tiepida acqua della retorica: una voce in meno, un danno al pluralismo dell’informazione.
Io penso invece che la chiusura di Siciliainformazioni sia una lezione fondamentale per il giornalismo e per gli illuminati colleghi giornalisti. Perché Siciliainformazioni appartiene ad un giornalismo che non muore e che – sono certo – risorgerà dalle sue ceneri guardando in modo approfondito per guardare lontano.
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