Amicizie, foto e post geolocalizzati. Ecco come ti ri…costruisco

Basta un lavoro quotidiano e costante di osservazione dell’account facebook, twitter, instagram di una persona, l’incrocio di dati tra i vari profili e il sistema di interazioni… per riuscire a ricostruire parte di vita di colui che è stato posto sotto la nostra lente di ingrandimento virtuale: dalle sue abitudini ai luoghi che frequenta, dalle sue passioni al sistema di relazioni e di amicizie, sino ad arrivare agli spostamenti e a quegli elementi che definiscono anche il carattere della persona osservata. Insomma, siamo noi stessi, attraverso i social network, a fornire, più o meno inconsapevolemente, dati che in passato sarebbero costati oro ai vecchi apparati di intelligence. Stamattina ho moderato, al Palazzo di Giustizia di Palermo, un corso di formazione per avvocati. Il tema è stato quello della Digital Evidence. Parliamo della prova digitale e, soprattutto, del sistema di regole e procedure che devono essere adottate per la raccolta, interpretazione e anche conservazione della stessa prova digitale. Aspetti per nulla irrilevanti. Siamo di fronte ad un argomento difficile anche per il continuo emergere di novità in campo tecnologico. Non a caso il tema dell’incontro ha approfondito le indicazioni e le procedure normative di ispezione, perquisizione e sequestro informatico.

Ma per comprendere bene di cosa parliamo, basta dire che un’acquisizione o una valutazione della prova digitale non corretta, può, nei fatti, falsare l’esito di un procedimento.

Oggi gli interventi nell’aula magna del Palazzo di Giustizia hanno sottolineato soprattutto la necessità di un aggiornamento sul fronte pure delle conoscenze informatiche. Dalle strumentazioni alle logiche di utilizzo, dalle norme alle modalità di perquisizione. Se il pm Paolo Guido della Direzione distrettuale antimafia (Procura della Repubblica di Palermo) ha parlato del lavoro di indagine ed evidenziato alcuni aspeti relativi all’appostamento informatico o alle operazioni sotto copertura, l’avvocato Nino Caleca ha sottolineato una differenza sostanziale tra il lavoro che può portare avanti l’accusa rispetto alla difesa che in qualche modo viene penalizzata. Il giudice del Tribunale di Palermo Luigi Petrucci ha posto l’attenzione sull’attuale apparato di norme e soprattutto sulla necessità di un aggiornamento continuo e attento da parte di chi dovrà sempre più confrontarsi nel suo lavoro con la prova digitale. Ignazio Tulumello dell’Anesf (l’Associazione nazionale esperti scienze forensi) ha poi illustrato alcuni supporti e descritto il lavoro svolto dal consulente informatico. Ma si tratta di una prima parte. Il resto sarà, infatti, approfondito in un secondo incontro.
All’inizio di questo post, ho tracciato in modo molto approssimativo quello che può essere compreso nell’attività di Open source intelligence (Osint). Parliamo della raccolta di informazioni e di dati attraverso la consultazione di fonti di pubblico accesso. La Osint non è comunque relegata all’ambito investigativo forense. La sua metodologia e le sue tecniche possono essere anche utilizzate nel giornalismo investigativo. Un settore, a dire il vero, ancora pionieristico. Ma che va comunque seguito con attenzione, soprattutto dagli addetti ai lavori. La chiave di tutto è risiede “nel metodo utilizzato e negli strumenti logici e software adoperati per trasformare quello che è accessibile a tutti in quello che è interpretabile da pochi”, si legge nel sito dell’Associazione di giornalismo investigativo, che offre anche l’opportunità di corsi e manuale rivolti proprio ai giornalisti. Per farvi un’idea delle potenzialità date un’occhiata a questo motore di ricerca: https://www.shodan.io/. Nel prossimo post torneremo a parlare dell'”Internet delle cose”.

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