Giornalismo

Notizie nuove? No, solo ultime notizie

Leggevo su Lsdi un articolo su Charlie Beckett, giornalista, autore televisivo e fondatore di Polis. Beckett  ha tenuto una lezione agli studenti della Philosophy Society alla London School of Economics (Lse). Nel corso di questo incontro ha cercato di ricostruire una sorta di ontologia dell’informazione giornalistica nell’epoca dei grandi cambiamenti. Qui di seguito un interessante estratto dell’articolo: Se la notizia non è più notizia
L’ informazione oggi
Quello che soprattutto è diverso oggi è la combinazione di istantaneità e ubiquità. In linea di principio, tutto può essere (quasi) immediatamente noto a tutti. Quindi, quello che succede deve essere immediatamente rivelato e perde immediatamente la sua ‘novità’. La notizia ora non è mai ‘’nuova’’, nel migliore dei casi può essere ‘’ultima’’.
Questo ha alcune conseguenze pratiche rilevanti per il giornalismo.

Non si può tenere bloccata una storia fino a quando essa ‘’finisce’’. Non vengono più enfatizzate la  ’copertura’ o la ripresa di fatti che sono già stati divulgati da qualcun altro. Ma l’ enfasi si dirige verso la sfera di analisi, commenti, reazioni, contestualizzazione e confezionamento – anche nel caso di giornalisti televisivi celebri o giornalisti dei dati che setacciano i dettagli . La velocità è fondamentale. L’ informazione giornalistica è molto più veloce, si muove sempre più velocemente essendo ora una macchina multipiattaforma di notizie 24/7, stimolata da reti sociali che girano più rapidamente di quanto anche Alastair Campbell potrebbe mai fare.

Che cosa succede quindi dal punto di vista filosofico? L’ informazione giornalistica digitale sta conquistando temporalità. Che cosa succede alla natura delle notizie in queste circostanze? Ci rendiamo conto che, praticamente, la nostra conoscenza non è mai universale, istantanea o totale. Quindi, nella pratica la produzione e il consumo di notizie è ancora abbastanza familiare.
Ma sul piano teorico la notizia ora non è più nuova. L’ ontologia del giornalismo è instabile. L’ idea che le notizie ci dicano qualcosa di conoscibile è sotto attacco dal momento che la conoscenza è ora a portata di click , invece che nella nostra mente. E se qualcosa non è mai veramente nuovo (tranne che per un solo istante ), allora è sempre un processo o un flusso.
Ciò potrebbe anche non essere un male, naturalmente. Dobbiamo chiedere ai filosofi di aiutarci a capire che cosa sia ‘buono’ o ‘cattivo’ e come debba essere una ‘buona’  vita mediatica. Può essere che per il mondo dell’ informazione – in cui anche io – stia vivendo una riscoperta dell’ umano e della narrazione.

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