In questi giorni è in corso a Bari la
conferenza internazionale WAN-IFRA Italia dedicata all’
industria editoriale e della stampa promossa dall’
Associazione mondiale degli editori e dall’
Associazione italiana stampatori giornali (Asig). Tutti seduti attorno ad un tavolo discutono di un malato definito spesso molto grave ma che forse sta solo crescendo, cambiando.
Andiamo con ordine. Ci sono stati alcuni interventi degni di nota, altri che possono solo fare riflettere la nostra
illuminata categoria su alcuni cambi di marcia e di stile. Interessante
l’analisi del
segretario della Federazione nazionale della stampa, Raffaele Lorusso:
“Tutti gli analisti concordano sul fatto che
le notizie spariranno dai giornali di carta che diventeranno
luogo di analisi, approfondimento, a metà fra il racconto e il reportage. Tutto questo però è difficile realizzarlo in un contesto in cui la parola d’ordine degli editori è
ridimensionare, tagliare, ridurre organici e retribuzioni. Quindi bisogna ripartire dall’elemento centrale di questo sistema che è il giornalista e il suo lavoro. Tutto questo è assolutamente inconciliabile con la crescente precarietà indotta e quasi incentivata, ricercata dalla stragrande maggioranza delle imprese editoriali che ritengono che la ricetta sia ridurre progressivamente l’area del lavoro dipendente, per
avventurarsi in un’area in cui il lavoro non ha diritti“. (
qui l’intervento completo)
Altro aspetto è legato alla diffusione dei giornali che in Italia, nel 2015, ha visto un calo del 17% rispetto all’anno precedente. Aumentano invece del 23 per cento le copie digitali. Attualmente secondo il rapporto sull’industria italiana dei quotidiani realizzato dall’Associazione stampatori italiani giornali e dall’Osservatorio quotidiani “Carlo Lombardi” sono 123 le testate quotidiane italiane, 84 case editrici, 66 stabilimenti di stampa e 61 concessionarie di pubblicità e 116 le agenzie di informazione.