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Facebook e giornalisti, siamo certi che faccia bene?

Su molti account twitter campeggia “RT/links/like ≠ endorsement”. Per la serie: le condivisioni di link, i retweet o i like non sono una manifestazione di interesse o sostegno a ciò che si ricondivide in rete. Oppure è facile trovare “opinioni a titolo personale”. Una scelta adottata soprattutto da chi opera nel campo dell’informazione. Con il tempo il numero di giornalisti iscritti a piattaforme social è aumentato notevolmente. E in modo direttamente proporzionale sono aumentate anche le segnalazioni e le denunce verso colleghi che utilizzano queste piattaforme in modo “improprio”. Qualche anno fa, era il 2015 per essere precisi, tenne banco una vicenda. O meglio si scatenò una polemica sul web attorno a Paola Saluzzi per le dichiarazioni fatte su Twitter contro Fernardo Alonso (qui un articolo del Corriere che ne parla). Sky avrebbe preso nell’immediato provvedimenti. Tra il diritto di critica e il ruolo che si ricopre – l’essere giornalisti – c’è un confine non sempre netto. Chiarisco subito che sono un sostenitore del diritto di critica: parliamo di libertà di pensiero fondamentale per la  dialettica democratica. Eppure dalla critica allo scherno il passo alle volte è assai breve. Ed è così che anche l’utilizzo di determinate piattaforme risulta essere un terreno accidentato. Non ci sono regole rigide. Ci si dovrebbe fare guidare soprattutto dal buonsenso.
In questi giorni, nella piazza virtuale palermitana, si dibatte – e pure tanto – sulle candidature in vista delle elezioni amministrative. Ci sono episodi e personaggi che scatenano ironia e critiche. Per certi versi inevitabili. Ma siamo certi che tutto questo faccia bene alla nostra categoria? Il web è un luogo di condivisione. Ed è anche quello spazio che consente di collegare fonti, giornalisti e lettori. Oggi l’utente legge tanto il giornalista quanto il personaggio, il fatto o il dato. Esporsi mediaticamente nelle opinioni su quel candidato o su un determinato episodio che effetto sortisce su chi guarda all’informazione come ad una realtà sopra le parti? Se oggi leggo critiche pesanti nei confronti di Pinco Pallino e domani ti ritrovo sul giornale, in radio o  in tv a parlare di Pinco Pallino, quale credibilità avrà il mio articolo/servizio agli occhi del mio lettore? Le testate giornalistiche sono fatte anche da tasselli chiamati giornalisti.
Nessuna lezione, sia chiaro. La nostra è una professione piena di maestri, ed io ho troppo da imparare. Mi permetto comunque, sempre appellandomi all’articolo 21 della costituzione, di dare qualche suggerimento nell’utilizzo dei social:
  • Ciò che rendiamo pubblico attraverso facebook, twitter… influenzerà l’immagine che il nostro lettore si fa di noi e di riflesso anche del giornale (non sempre, è chiaro).
  • E’ possibile selezionare i livelli di privacy e il pubblico con cui si intende condivedere un determinato contenuto. Utilizzarlo non è un male. 
  • Criticare fa parte della nostra professione, del nostro lavoro. E’ un diritto sancito. Ma il rischio di cadere nell’ironia e poi nello scherno non fa altro che allontanarci sempre di più da un’utopica “neutralità” cui dovremmo comunque aspirare. Almeno in determinati ambiti.

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