Editoria

Programmatic advertising, una sfida decisiva per gli editori?

“Potenziamento delle componenti del digital advertising e dei ricavi da edicola digitale attraverso il programmatic advertising“. Questa frase, nei prossimi mesi, potrebbe diventare un mantra per molte imprese editoriali che stanno cercando di venir fuori da una situazione drammatica. Si fanno i conti con affari altalentani tra un settore e l’altro. La carta stampata, secondo i dati Ads rielaborati da Prima Comunicazione, continua quel suo crollo vertiginoso sul fronte delle vendite. Un fenomeno diffuso sia in ambito nazionale che locale. Unico esempio in controtendenza è Avvenire, ma qui siamo di fronte ad un caso a parte che è stato comunque analizzato nei giorni scorsi da Lettera43.

Carta stampata… a stento
In questo momento di difficoltà, si fanno i conti anche con i ricavi pubblicitari. DataMediaHub ha spulciato i dati contenuti nell’ultimo Rapporto sull’industria dei quotidiani in Italia. Come sottolinea il report realizzato dall’Asig «Se teniamo conto dell’inflazione, possiamo stimare che oggi una pagina di pubblicità venga venduta ad un prezzo che è circa un quarto di quanto veniva venduta quella stessa pagina nell’anno 2000». Non si nasconde il fatto che si è ormai prossimi al raggiungimento della soglia del punto di rottura del sistema. Questo, secondo quanto si legge nella premessa del rapporto, “è testimoniato anche dall’andamento dei dati occupazionali e retributivi degli addetti del settore, in special modo dei lavoratori delle aziende che stampano su commessa, i cosiddetti “stampatori puri”. Negli anni compresi tra il 2007 e il 2015 il numero di queste aziende è sceso da 36 a 13, e il numero degli addetti è passato da 1.234 a 370, con un calo del 70%, ben superiore a quello fatto registrare dal settore nel suo complesso (-46%). Va notato, per inciso, che alcune di queste aziende non sono sparite, ma sono semplicemente uscite dal perimetro del contratto poligrafico pur continuando a stampare giornali quotidiani”.

Dammi un punto d’appoggio
e ti solleverò il mondo

Se da una parte, quindi, si arranca, dall’altra, quella del fronte digitale, si ricerca quel punto d’appoggio per risollevare il mercato editoriale. Impresa per nulla semplice, visti i diversi fattori contingenti… Ciò comunque non scoraggia e ci si fa avanti nel tentativo di avviare percorsi più o meno rivoluzionari. Come il Programmatic Advertising. Non ci occupiamo di nulla di nuovo. Questo sistema nasce nel 2009 e viene definito nel marketing online come una svolta molto importante. Attori oggi sono, ad esempio, Facebook Exchange, DoubleClick, Right Media, OpenX o network come Google, Microsoft e Yahoo. In pratica parliamo della compravendita degli spazi pubblicitari on line attraverso piattaforme software che hanno il compito di automatizzare e ottimizzarne lo stesso processo. Saltando passaggi e procedure. Il Programmatic Advertising consente, quindi, di:

  • velocizzare l’iter per l’acquisto degli spazi pubblicitari
  • abbassare i tradizionali costi di mediazione
  • definire in modo preciso la targettizzazione
  • aumentare l’efficienza delle campagne
  • accrescere la trasparenza dell’intero processo

Ad averne un ritorno positivo sono sia l’inserzionista che i publisher. Se, infatti, da una parte grazie a questo meccanismo automatico chi vuole fare pubblicità non è costretto ad acquistare grossi quantitativi di impression e senza profilazione alcuna ma può indirizzarsi a target molto definiti, dall’altro i publisher dispongono di una nuova fonte di guadagno oltre al fatto di potere vendere di più anche spazi apparentemente invendibili. A muoversi in questo senso è il gruppo Class, che, come si legge su Engage.it, punta così a controbilanciare la stasi del mercato pubblicitario tradizionale.

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