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Quotidiani on line in Sicilia, la frammentazione della notizia

Curiosando sull’archivio con conserva le pagine web dalla fine degli anni Novanta in poi, mi sono soffermato sui primi giornali on line. Lo sapete qual è il primo giornale on line nato in Italia? L’Unione Sarda. La sua pubblicazione sul web risale all’anno della discesa in campo di Berlusconi, il 1994. Qualche mese dopo, nel 1995, è stata l’Unità, il primo giornale nazionale on-line. Allora non si faceva altro che trasferire in rete il giornale cartaceo. In più veniva offerta al visitatore la possibilità di inviare mail. Siamo all’esordio di quella fatidica interattività. Successivamente si è imposto sulla scena Il Sole 24 Ore che puntava, a differenza degli altri, ad un prodotto diverso dal cartaceo. O meglio con più aggiornamenti e speciali. Anche per la peculiarità del prodotto stesso. Basti pensare alle quotazioni e alla borsa.
Oggi, invece, c’è un numero spropositato di quotidiani on line. Una frammentazione di forze e possibilità che finiscono nel tempo per implodere. La sostenibilità economica del prodotto è il primo gradino in cui si inciampa. E si perde anche, e soprattutto, in qualità. Nel panorama palermitano, ad esempio, ci sono più di venti testate on line registrate. Si va da quelle dei gruppi editoriali o delle aziende televisive, ai nativi digitali. Basta cercare su Google “giornale on line palermo” ed ecco i risultati delle prime due pagine
(e la lista continua):
Occorre comprendere, prima di tutto, come rendere sostenibile un determinato prodotto editoriale. Perché se da un lato è vero che i costi dell’informazione sul fronte degli strumenti si sono oggi ridotti e di molto (qui vi elenco tutto quello che ci vuole per aprire un giornale on line), è pur vero che gli stessi strumenti nei fatti richiedono professionisti che li sappiano far funzionare. E il professionista va pagato. Ci sono tanti luoghi comuni attorno al guadagno attraverso la rete: c’è la pubblicità di google, basta fare un sacco di visite, con mille visualizzazioni prendi qualcosa… Insomma si sa davvero molto poco, eppure c’è chi parla tanto e a sproposito. Ma su questo torneremo successivamente con un altro post.
Oggi è bene riflettere su un aspetto che reputo assai spinoso: la notizia. Ogni giorno è possibile sperimentare come un fatto venga ripreso velocemente da decine di testate on line senza che nessuna redazione (siamo certi di poterle chiamare in questo modo?), o quasi, si preoccupi di verificare e approfondire. La qualità viene in qualche modo messa da parte nel “sacro nome della tempestività, dell’immediatezza. Molti si convincono che è sempre meglio dare la notizia subito. Il problema è che, il più delle volte, tutto questo si riduce ad uno sterile copia e incolla dalle agenzie di stampa, e parliamo sempre nella migliore delle ipotesi. Sì, perché nei fatti molti giornali on line non dispongono di agenzie e ci si tuffa a capofitto nello sciacallaggio dei contenuti. Un aspetto, quest’ultimo, che Google cerca di combattere con un algoritmo che punisce chi scopiazza. Poi però entra in gioco Facebook che, con altre dinamiche, può determinare il successo o l’insuccesso di un sito. Fattore che rende mister Mark Zuckerberg un editore a tutti gli effetti. Fatevene una ragione: quanto pubblicate su Facebook sarà visto solo da chi l’algoritmo di fb riterrà possibile lettoreo degno del vostro contenuto. E anche qui si apre una maglia. Meglio aggiornarci in seguito…

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